mercoledì 7 marzo 2018

Cosa fai quando non è il 4 marzo?

7 marzo 2018

Nessuno ha vinto niente, perché non c'era nulla da vincere.
L'Italia è un paese animato da sentimenti destrorsi e non serviva l'ennesima elezione per dimostrarlo.
L'anomalia siamo tutti noi, anarchici, comunisti, "di sinistra", antifascisti, antirazzisti, ecc., mettiamocelo bene in testa.
A volte magari l'antifascismo riemerge come un minimo di identità in più (il nonno, la nonna, i fasci che sono veramente orribili), come l'antirazzismo (la pietà umana, "non sono tutti uguali", "ci sono anche -sic- brave persone", "sono come noi"-ri-sic), o un sussulto sui diritti dei lavoratori, ma in questa fase storica non cambia. Noi non siamo visti come la soluzione ai problemi reali. Non dico cose nuove.
Ciò non vuole dire arrendersi all'inerzia, anzi.
La nostra critica ai partitini di sinistra, che qualcuno ha personalizzato e ci spiace, era certo legata a questioni classiche dell'astensionismo anarchico, che restano importanti come ogni aspetto ideologico (perché tutto è ideologia, pure la vostra convinzione di non esserne parte) e permettono di analizzare, capire e quindi scremare cosa siamo e cosa no, cosa per noi è un valore, e cosa no.
Questa cosa ad alcuni dà fastidio, ma si dovranno abituare, prima o poi: è anche vero, parafrasando, che ci sono "anarchici da cortile" che si reputano tali ma sono sempre accodati, se non silenti e succubi alle logiche altrui e per questo piacciono e vengono citati ad esempio, e "anarchici da fatica" che al costo di essere impopolari (ma in quel piccolo mondo chiamato "movimento"...) con coerenza e chiarezza, che è lealtà, sanno quando è il momento di unirsi e quando di restare ciò che si è. Ciò ci fa sembrare erroneamente da qualcuno/a come gente che crea scompiglio o vuole credersi migliore: non è così, cerchiamo di essere minimamente coerenti con ciò che diciamo. Per noi con la strada elettorale non ci saranno mai grandi cambiamenti, la storia ce lo insegna: ogni conquista, la politica statale l'ha solo al massimo avallata e regolamentata se in presenza di forti movimenti di lotta e opinione. Questo non toglie che in un momento realmente rivoluzionario, o a rivoluzione avvenuta, si possa pure votare: proprio perché siamo realisti e non dogmatici, e tanto la rivoluzione dubito comunque la vedremo mai, e resta solo un riferimento concettuale e niente più.
Ma soprattutto in questa occasione, la nostra critica evidenziava l'assoluta inutilità del voto come momento di "lotta" politica, e un fastidio per la retorica del "siamo tanti" (ma dove? in un'assemblea interna? su FB tra gli amici?) e del "conquisteremo grandi risultati": ma dove lavorate? Che bar frequentate? Che amici avete? Dove vivete?
I partiti di sinistra (così come noi, per carità) oggi non rappresentano ne' i diritti né le aspirazioni ne' i valori dei lavoratori e delle classi oppresse: la differenza è che noi lo sappiamo ma non mitizziamo niente strumentalmente, e cerchiamo un altro senso nella nostra militanza: che è la prospettiva da avere comunque, che è la resistenza, che è il piacere. Questo soprattutto è il senso di ciò che facciamo: cose che ci piacciono, in cui crediamo. Se non fosse per questo piacere, in un contesto così deprimente, vorrebbe voglia di stare anche noi sul divano, e poi ogni "tot" anni svegliarci e mettere quella X sulla scheda, pensando così di "fare politica" e di essere persone impegnate.
Non indugio adesso su quelle che, a seconda di ogni territorio, sono le antipatie e simpatie locali nel cd. "movimento", per cui acquistano più o meno senso definizioni come "espressione delle lotte sul territorio" o inimicizie/alleanze con personaggi che si ritengono, per vari motivi, totalmente lontani da se'. La coerenza, che non è ottusità, ci rende credibili; ci può essere almeno concesso il dubbio nel vedere gente allearsi strategicamente con altri che fino a ieri, detestavano?
Oggi per la via elettorale non c'è alcuna scorciatoia a sinistra, perché l'elettore medio vede questi partiti come un'élite totalmente distante dalla realtà, se va bene e non sfocia in aperta antipatia.
Non c'è nessuna possibilità concreta quando la politica diventa praticata solo in vista dello specifico momento elettorale, proponendo un caleidoscopio di frasi fatte -pure giuste!- dopo lunghi periodi di assenza nella realtà.
E' chiaro che la soluzione non ce l'ha in mano nessuno, neanche gli anarchici, mica siamo così presuntuosi.
Ora, la rassegnazione non è una soluzione, un po' perché sarebbe peggio, un po' perché proprio non riusciamo ad esserlo.
E allora si rimetta mano alla vecchia frase abusata di partire dal basso, per davvero, perché la casa si fa dalle fondamenta, non dal tetto (con elezioni, paracadutati dal cielo all'improvviso): è l'unica strada possibile.
Noi, che non siamo nessuno, nel nostro infinitesimo piccolo, nel "basso" ci siamo, nostro malgrado e per fortuna: ci siamo col sindacato, dove vediamo i lavoratori per quello che sono, con pregi e virtù; ci siamo con il boicottaggio pesante di talune parti del movimento, che gira o rigira, cercano solo un'improbabile e patetica egemonia; ci siamo con le nostre iniziative, ostinate, che facciamo a prescindere dai numeri, perché è tragico abbandonare il terreno della controinformazione e della cultura; ci siamo quando manifestiamo in pochi contro i fascismi; quando volantiniamo davanti alle scuole in periodi non elettorali (che abbandono drammatico, questo, e oggi ne paghiamo le conseguenze), ci siamo con tutti i nostri enormi limiti.
Per questo, ai compagni e alle compagne duramente scornati da questo esito elettorale e a quelli pure sarcastici o incazzati con noi, va detto di prendersi tutti un po' meno sul serio, noi compresi, forse. Non prendetevela però con gli anarchici se dicono le cose che vanno dicendo da sempre.
Queste elezioni comunque non sono la fine del mondo (quanta drammatizzazione!) ma definiscono una realtà in cui già avreste dovuto sapere quanti siete/siamo, e piuttosto fate i conti con chi vi ha illusi che l'ennesimo tentativo elettorale sarebbe stato un'affermazione importante o che eravate "nuovi" (cosa che non era) e già solo per questo "importanti" per poi essere sbaragliati. Poi, va alimentato questo entusiasmo, se genuino, tutto l'anno, e finalizzato a quei temi che sono stati solo enumerati scolasticamente in campagna elettorale, ma non affrontati. E va fatta un po' di chiarezza, da che parte si sta e con chi. Chi tra un concertino e l'altro pratica l'auto-rappresentazione di alterità al "potere" per poi nella quotidianità blandirlo, e mima antagonismo a fasi alterne, ormai ha fatto il suo tempo. Bisognerebbe pure uscire dagli slogan in cui ogni diffidenza è razzismo, ogni dubbio è tradimento di classe, e provare a parlare con la gente reale, prendendosi sonore smusate, e magari dandone pure. La retorica dell'antimperialismo a senso unico, in cui ipotetiche avanguardie in un mondo dicotomico dividevano in buoni e cattivi, in nemici e alleati, è terminata in farsa: la soggettività individuale non è più classificabile in senso politico unico. La realtà dice che ci sono anche lavoratori fascisti e asserviti volontariamente e migranti pericolosi e liberticidi, così come lavoratori pericolosi e liberticidi e migranti fascisti e asserviti volontariamente, aspetti inevitabili nella realtà "così com'è" che stride coi Sacri Libri di Ortodossia Militante. Chi ha i paraocchi va lasciato nella sua cecità, perché se il contesto politico e sociale è di un certo tipo, le persone ne sono inevitabilmente la conseguenza. Ugualmente è dovere nostro essere antifascisti, antirazzisti e batterci per i nostri diritti di lavoratori.
E poi, senza alcun feticcio del "popolo" o della "gente" fare le proprie cose comunque, per il piacere di farle e perché almeno sono importanti o interessanti davvero per noi, resistendo all'omologazione imperante. Provandoci e con entusiasmo, cercando nuove strade realmente, in cui magari il potere -in ogni declinazione- non sia un'ipotesi contemplata.
Una umanità nuova, se mai la vedremo, si ricostruisce forse così, chissà.
Perché il problema non è cosa fai quel singolo giorno, è cosa non fai tutto l'anno.

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